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venerdì 10 settembre 2010

VENE XK RENZO FOGLIATA

Torno da un breve viaggio in Grecia. Corfù, con le fortezze Vecchia e Nuova, Leoni marciani ovunque, case, calli, campi, vere da pozzo; Santa Maura (Lefkada), con la fortezza riconquistata da Francesco Morosini nel 1684 quale avamposto per la riannessione dell’intero Peloponneso; Cefalonia, dove su di un’imbarcazione ad uso turistico sventola il Leone di San Marco; Cerigo (Kithira), veneziana per seicento (seicento!) anni, dove l’imponente fortezza veneta domina la capitale e dove le sardine fresche sono per i greci locali le sardele fresche, dove si mangia la pastissada, il sofrito, il barbon, l’orada; Modòn (Methoni), Coròn (Koroni), gli occhi della Repubblica, dove i simboli marciani spaziano dal XIV al XVIII secolo e tutto mostra possanza; Malvasia (Monemvasia) dove le nostre fortificazioni cingono tuttora il massiccio ed elevato scoglio sul quale sorge e che diede il nome alle osterie di Venezia per antonomasia; Nauplia (Nafplion) dove i tre ordini di fortezze - con quella di Palamidi che per imponenza, vastità ed elevazione di sito crea vertigine - sono l’unica vera attrattiva del luogo, dove si trovano i più bei cannoni veneti in bronzo ancora esistenti (vere opere d’arte dei fonditori dell’arsenale), dove le case e i palazzi sono schiettamente veneti, ad iniziare da quello imponente del Provveditor, dove i Leoni non si contano, dove morì Morosini a bordo della sua galea bastarda, Doge e Capitano da Mar, il 7 gennaio del 1694, rammaricandosi solo di non poter più servir la Patria; Corinto, Patrasso, Lepanto. Torno da una conversazione con un archivista di Cerigo che, dopo aver descritto Venezia quale il più grande impero talassocratico precedente a quello inglese, mi guardava incredulo quando gli spiegavo che da noi quasi tutti di storia veneta ignorano tutto perché a scuola non se ne fa cenno; torno da un marinaio di Sami (Cefalonia) che mi ha chiesto se riesco a spedirgli bandiere marciane perché molti lì le vorrebbero ma non le trovano. Torno. E che ti trovo? La campagna del PD: Veneziani tutti italiani. Ebbene, nell’incertezza se questo neonazionalismo dell’ultimo minuto, brandito con quell’inquietante tutti dal sapore massificante e coercitivo, sia più triste o più patetico, mi sono sorte due riflessioni. La prima. L’ultima volta che vidi uno slogan sovrapponibile a questo fu in Istria anni or sono. Erano i militanti dell’estrema destra ustascia, schiettamente fascista, dell’HDZ, il partito di Tudjman, che diffondevano il messaggio Istriani tutti croati, negando il diritto di esistere agli istriani che croati non si sentono affatto. La seconda. Per fortuna – mi son detto – che uno slogan tanto anacronistico, reazionario ed illiberale proviene da chi da oltre mezzo secolo rincorre, in perenne ritardo, la storia che lo scavalca. Sono i figli ed i nipotini di chi fece la tanto decantata scelta parlamentare del dopoguerra sol perché, invero, costretto dalla spartizione del mondo avvenuta a Yalta; i nipotini di chi aborriva ogni nazionalismo ma favoriva tuttavia quello degli altri, quello slavo in particolare, appoggiando tutti i progetti annessionistici di Tito sull’Istria, sulla Dalmazia e persino sul Friuli; sono coloro che prima di rivedere, in parte, simboli e matrici culturali hanno atteso che gli crollasse addosso il muro di Berlino; insomma, i discendenti dei giacobini che, sbigottiti, assistono alla caduta del loro bicentenario impero inchiodati nella trincea della conservazione, del tutto incapaci di interpretare gli eventi ma imbattuti maestri della demonizzazione dell’avversario. Ma allora si può ben sperare. Se anche stavolta costoro hanno interpretato la storia come negli ultimi sessant’anni è certo che la nostra società andrà esattamente nella direzione opposta a quella da loro auspicata. Ed è proprio ciò che sta accadendo. Ad onta di chi, peggio se veneziano, non comprende la nobiltà di una bandiera che rappresenta la Repubblica più longeva mai apparsa sulla Terra; il simbolo evocativo, come scrive Stefano Lorenzetto, di un popolo che fu nazione e che ha tutta l’intenzione di riaffacciarsi alla storia. E’ solo questione di tempo

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